Carboidrati, nice to meet you.
Definiti anche glucidi, sono il macronutriente più consumato nell’alimentazione mondiale. Hanno una funzione principalmente energetica e sono un carburante ‘‘pulito”.
Mangiare carboidrati, secondo le necessità, equivale a porre le basi per rimanere idratati, dato che ogni grammo di glucosio lega a se’ quasi 3 grammi di acqua.
Questo nutriente ha una notevole importanza nell’ ipertrofia muscolare, in quanto stimola l’ insulina e l’ IGF1 .
SONO DIVISI IN TRE GRUPPI PRICIPALI
La quota basale di glucidi da introdurre con l’alimentazione (fabbisogno) è di 180 gr per una persona sedentaria di 70 kg e serve a nutrire il sistema nervoso centrale (il cervello da solo consuma 120 g),’ gli eritrociti (globuli rossi), una parte del rene, i testicoli ed i globuli bianchi. Tuttavia il fabbisogno glucidico non è dipendente dall’alimentazione, se non si introducono abbastanza carboidrati l’organismo si procura gli zuccheri da altri substrati (aminoacidi glucogenetici, acido lattico, glicerolo degli acidi grassi).
L’assunzione di glucidi è strettamente legata alla stimolazione del pancreas che rilascia l’insulina. Questo avviene come risposta all’aumento della glicemia; tuttavia, anche gli altri macronutrienti (proteine e grassi) possono stimolarla, ma in misura minore, pur non variando i livelli glicemici e cioè gli la quantità di zuccheri nel sangue.
I carboidrati sono un punto cardine per migliorare la composizione corporea, saperli sfruttare, saper introdurre sempre più carboidrati senza ingrassare, è la chiave del successo per restare magri, muscolosi ed in salute. Stimolano le funzioni tiroidee con un conseguente effetto positivo sul metabolismo. Il glucosio presente all’ interno della cellula ne rappresenta lo stato energetico e un adeguato stato energetico cellulare rilascia dei feedback positivi verso i recettori deputati a tale controllo, si azionerà quindi un messaggio di “abbondanza” e l’ organismo sarà più dispendioso.
IL FABBISOGNO GLUCIDICO
In condizioni basali il fabbisogno glucidico si aggira intorno ai 180 g al giorno (2,5-2,6 g/kg di peso corporeo compreso, escluso il grasso in eccesso), e può aumentare a seconda dell’attività lavorativa e sportiva che la persona svolge. Mediamente il consumo giornaliero può arrivare a 210-220 g per chi non fa mestieri pesanti né sport (3-3,2 g/kg di peso corporeo).
Ad attivare la glicogenolisi, e cioè la rottura dei pacchetti di glicogeno ( riserva ) in glucosio (zucchero semplice pronto per essere ossidato ), sono principalmente due ormoni: catecolamine (adrenalina e noradrenalina) e glucagone.
La composizione dei pasti (glucidici o proteici) influenza la stimolazione ormonale adibita alla produzione e allo stoccaggio dell’energia. L’assunzione di carboidrati stimola il metabolismo glucidico adipocitario, aumentando la produzione di leptina e indirettamente degli ormoni tiroidei, questa è la ragione per cui non possiamo limitare i carboidrati nel lungo periodo nella dieta, pena vedere il proprio metabolismo scendere vorticosamente.
In condizioni di digiuno (per le prime 12-16 ore) il glucosio rilasciato nel sangue per soddisfare le esigenze dell’organismo arriva principalmente dal fegato. Di questi, 2/3 arrivano direttamente per glicogenolisi, mentre 1/3 da processi di gluconeogenesi. Il rapporto esatto tra i due dipende dalle scorte di glicogeno: più sono ampie e più vengono in prevalenza utilizzati i glucidi epatici.
Ancora :
A riposo i muscoli delle persone magre ed allenate utilizzano quasi esclusivamente gli acidi grassi come fonte energetica (flessibilità metabolica), mentre nelle persone grasse e sedentarie c’è sempre un mix tra zuccheri e grassi (inflessibilità metabolica). Ecco perché chi ha una scarsa flessibilità metabolica ha un bisogno costante di introdurre cibo ed in particolare zuccheri, perchè semplicemente non riesce ad utilizzare le riserve accumulate.
Il viaggio digestivo dei carboidrati inizia nella bocca per opera dell’ enzima amilasi salivare e termina nell’ intestino ( amilasi pancreatica).
Il glucosio semplice (monosaccaride) ottenuto da questi processi, passa attraverso la membrana intestinale e viene immesso nel circolo portale dove arriva al fegato. La velocità con cui il nostro corpo può assorbire il glucosio raggiunge la velocità di 1 g/kg corporeo/ora. Se pesate 80 kg potete assorbire al massimo 80 g di glucosio all’ora. Questo non vuol dire che potete mangiare soltanto 80 g di pasta alla volta: uno perché 80 g di pasta corrispondono a meno di 80 g di zuccheri, due perché se introducete anche altri alimenti i tempi di digestione possono superare facilmente l’ora. Tuttavia mangiare troppi carboidrati, se mischiati ad altri macronutrienti (in un contesto ipercalorico), risulta uno dei modi più facili per ingrassare, in quanto vengono intasate le vie metaboliche. Ricordatevelo la prossima volta che mangiate mezzo chilo di pasta con la panna..
Una volta che il glucide è stato assorbito come monosaccaride (glucosio-fruttosio-galattosio) arriva, come già accennato, al fegato dove hanno inizio le reazioni che lo porteranno a trasformarsi in energia o ad essere stoccato come riserva. Le cellule epatiche non hanno bisogno dell’ azione dell’ insulina per assorbire il glucosio, mentre quelle muscolari ed adipocitarie si’. Infatti per permettere la captazione ed il passaggio del glucosio all’ interno della cellula, l’ insulina richiama sulla superficie della membrana cellulare uno specifico trasportatore (GLUT-4), che consentirà di ” acchiappare ” il glucosio circolante nel flusso ematico e legarlo a sè.
Possiamo paragonarla ad una chiave che apre le porte di ingresso.
Ma ritorniamo al fegato, il glucosio non assorbito dagli epatociti durante il primo passaggio, entra nel flusso ematico raggiungendo il cuore che a sua volta lo spinge in tutto il corpo. Una volta che il sangue ricco di glucosio arriva al pancreas ( insule pancreatiche ) ne stimola la produzione di insulina, che di fatto viene prodotta in quantità proporzionali ai livelli di glucosio.
L’ insulina si distribuisce in tutto il corpo e si lega ai suoi recettori sulle membrane cellulari, questo legame permette l’ apertura del canale sodio-potassio, attraverso il quale il glucosio potrà entrare all’ interno della cellula.
Ogni volta che ingeriamo un buon quantitativo di carboidrati, la glicemia si alza entro 40-60 minuti, passando da 80-90 (livelli ottimali) a 120-130 mg /100 ml. Dopo due ore e trenta torna al livello basale o addirittura a valori leggermente inferiori. Nei soggetti affetti da insulino-resistenza, i recettori di questo ormone risultano assuefatti a causa delle cattive abitudini alimentari, ne consegue che il glucosio non riesce ad entrare nelle cellule, la glicemia rimane alta e al fine di risolvere il problema viene trasformato in trigliceridi.
Nella valutazione della funzionalità del metabolismo degli zuccheri, il fattore da considerare, non è tanto l’entità dei picchi glicemici generati, bensì è il tempo con cui la glicemia torna a livelli basali dopo l’assunzione di carboidrati. Infatti i diabetici di tipo 2 e tutti quelli che soffrono d’ insulino-resistenza hanno una difficoltà estrema nel far tornare, in periodi accettabili, la glicemia ai valori basali.
Una volta che lo zucchero entra nelle cellule dell’organismo viene trasformato in glicogeno per impedirne la fuoriuscita quando non vi è la richiesta.
Come dicevamo, il fegato non ha bisogno d’insulina per captare gli zuccheri, ma il muscolo e il grasso si. Mentre questi ultimi possono conservare al loro interno il glucosio sotto forma di glicogeno, solo il fegato è in grado di rilasciarlo nel circolo ematico, questa caratteristica garantisce l’esclusiva di quest’organo sul controllo della glicemia (durante il digiuno per esempio). Diversamente, le cellule muscolari possono utilizzare gli zuccheri solo per la propria attività. Pertanto, al risveglio e dopo 12 ore che non mangiamo, le riserve epatiche saranno state intaccate mentre quelle muscolari saranno quasi piene.
L’insulina permette l’avvio dei processi di accumulo e blocca quelli opposti di mobilizzazione, al contrario il cortisolo aumenta la gluconeogenesi ( trasformazione di altri substrati in glucosio ) ed interrompe la glicogenosintesi ( accumulo di glicogeno ). Abbiamo così un antagonismo tra insulina e cortisolo, questa rivalità crea dei problemi quando i due ormoni si alzano contemporaneamente. Nell’ immagine i ritmi circadiani in media per un adulto sano, che segue una classica alimentazione mediterranea. Quello su ci si dovrebbe ragionare è il picco contemporaneo dell’ insulina e del cortisolo dalle ore 9 alle ore 12, ma questa è un’m altra storia. Noi proseguiamo il nostro cammino alla scoperta dei carboidrati.
Il glucosio non può essere utilizzato se non attraverso la glicolisi. Questo processo porta alla formazione di due molecole di piruvato a partire da una di glucosio. A questo punto, se nella cellula sarà presente sufficiente ossigeno avremo l’ossidazione in anidride carbonica e acqua, altrimenti, se in assenza di ossigeno,verrà degradato in acido lattico, il quale a sua volta puo’ essere in parte riconvertito in piruvato attraverso il ciclo di Cori.
Dopo una sessione di allenamento anaerobico lattacido circa il 20% del lattato prodotto viene utilizzato per la resintesi di glucosio.
Il processo ossidativo del glucosio in presenza di ossigeno porta alla formazione di 36/38 molecole di ATP ( energia ), mentre in assenza di ossigeno consente di guadagnarne solamente 2. E’ importante notare come vi sia una netta differenza, ogni qualvolta il glucosio viene ossidato attravero il processo anaerobico, nella cellula si crea un debito d’ossigeno che dovrà essere ripagato. Servito su un piatto d’argento : Il lavoro anaerobico costringe la cellula muscolare a ” bruciare” anche dopo aver eseguito lo sforzo, cioè durante il recupero o ripristino. “ EPOC post allenamento ”
Il consumo di glicogeno medio durante una sessione di allenamento con i pesi, a ritmo medio e ad un’ intensità di circa il 70%, è all’incirca di 7,8 mmol/kg/set (al 70% dell’intensità sono circa 8 ripetizioni a serie). Oppure 1,3 mmol/kg/ rep o ancora 0,35 mmol/ kg/ secondo. Questo vuol dire che se eseguo 4 serie da 8 ripetizioni richiamando in causa 3 kg di tessuto muscolare ( eh lo so, non è semplice calcolarlo, ma più o meno ci si puo’ avvicinare ), ho ossidato circa :
7,8 * 3 * 4 = 93,6 millimoli per esercizio.
Supponiamo che vengono eseguiti 6 esercizi in cui la quantità di tessuto muscolare chiamato a lavoro è sempre 3 kg, durante l’ allenamento il glicogeno bruciato sarà:
93,6 * 6 = 561 mmol
Considerando che un grammo di carboidrati produce 5,56 mmol di glicogeno, durante il workout saranno stati bruciati:
561 / 5.56 = 100 gr circa di carboidrati.
Cio’ non significa che tante più ripetizioni vengono eseguite, tanto più glicogeno viene ossidato, perchè si dovranno necessariamente abbassare i carichi e quindi la quantità di tessuto muscolare attivato. In ogni caso e a scopo depletivo, 12 ripetizioni consumano più glicogeno di 6 ripetizioni, mentre al di sotto delle 6 ripetizioni invece verrebbero ossidati maggiormente i fosfati. Questo calcolo puo’ essere molto utile ai soggetti che seguono una dieta chetogenica, in quanto “ripristinare” la sola quantità di glicogeno consumata non comporta la perdita dello stato di ketosi.
Il processo di traformazione del glicogeno a glucosio ( glicogenolisi ) non comporta un dispendio energetico, mentre il processo inverso ( glicogenosintesi ) richiede due molecole di ATP.
Caro Carboidrato, piacere di averti conosciuto.
Scritto da Vincenzo Bernabei.
Bibliografia :
– Project nutrition
– The body solution
– Tuscany-diet.net
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